sulla iphoneografia

4 06 2020

Questo è il testo che ho scritto per la mia mostra nel mondo virtuale Craft Grid, organizzata, curata e allestita da Roxelo Babenko, aka Rosanna Galvani.

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foto di Alba Rocca

Il mio lavoro fotografico più recente si basa su tre elementi.
Hipstamatic, Street Photography, ricerca.
La App Hipstamatic mi accompagna dal 2010, quando le foto scattate con un cellulare erano veramente ancora scadenti: ma pareva di poter esplorare nuovi territori cromatici e simil-analogici vintage. Contemporaneamente sperimentavo Lomografia con Holga e simili.
Quasi tutti i miei scatti possono ricadere in un modo o nell’altro nell’ambito della Foto di Strada. Sono scatti in qualche modo rubati.
La ricerca avviene spesso in postproduzione, ma non necessariamente: a volte se la combinazione lente/pellicola Hipstamatic prescelta è ben ponderata non occorre fare molto altro. Per questo la App la devi conoscere, avere le tue combinazioni preferite da saper selezionare secondo le situazioni.
Ora, la fotografia con lo smartphone ha molti detrattori. Più o meno si rifanno alle teorie di Jean Baudrilard, in aggiunta allo sconcerto per il fatto che tutti possono scattare con un cellulare: anche la sciura Pina o il ragazzotto pieno di birra che incontro in metropolitana. Come si permettono.
Io non mi sento minacciato: il mio sguardo, come quello di chiunque altro, è e rimane unico.
Jean Baudrillard ha scritto la “fotografia diventata digitale, liberata in un solo colpo del negativo e del mondo reale (…) Fine del singolo momento dell’atto fotografico, visto che l’immagine può essere immediatamente cancellata o ricomposta. Fine della testimonianza inconfutabile del negativo”.
Si tratta di riflessioni di estremo interesse, da leggere nella loro interezza.
Questo rapporto assoluto del quale parla Baudrillard tra realtà e fotografia non è mai esistito però, penso io: o forse si è manifestato alcune volte. Senza arrivare alle composizioni delle avanguardie o agli esperimenti del futurismo, se pensiamo alle immagini colorate con le aniline, alle esposizioni multiple, anche solo alla scelta della carta sulla quale stampare il negativo, possiamo riflettere su questa eventuale fine dell’atto fotografico come attimo unico che sarebbe sopravvenuta soltanto con la fotografia digitale.
Le mie foto sono doppiamente colpevoli.
Primo perché usando Hipstamatic ho scelto già in partenza delle impostazioni digitali che “simulano” qualcos’altro (obiettivi e pellicole analogici).
Secondo, ci lavoro in postproduzione, intervenendo principalmente sulla palette dei colori: ho nella mia testa una gamma cromatica che voglio raggiungere. Penso si noti abbastanza, questa tendenza a trovare combinazioni identitarie mie.
Di Baudrillard riconosco istintivamente una cosa: io sono restio a lavorare sull’ibridazione delle immagini trasformandole in soggetti diversi.
Ci sono invece molti colleghi del NEM (The New Era Museum) che creano ex novo immagini spaesanti e di grande impatto, realizzando come collages con frammenti di foto diverse, ottenendo risultati davvero surreali.
Io preferisco che rimanga chiaro, quando si guardano i miei lavori, che si tratta di fotografie.
Questo è il mio modo di lavorare su iPhone.
Un mezzo che comunque mi serve per lavoro in molti altri modi e quindi devo avere e aggiornare in ogni caso.
Mi piacerebbe molto lavorare con una Leica, eh.
Purtroppo non posso permettermela.