Comincio col precisare perché continuo a firmarmi William Nessuno.
La genesi di quello pseudonimo e l’imprevisto utilizzo su Radio3 Rai penso di averli spiegati più volte sul blog.
Continuo a firmarmi William per il valore simbolico di quel nome (le cose belle accadono per caso) e perché, se cercate “Giuseppe Iannicelli” in rete vedrete che vi esce subito il mio pingue omonimo giornalista campano.
CHE NON SONO IO. Ma molti lo pensano.
Poi qualche tempo fa come seconda opzione uscivano un pregiudicato calabrese e i suoi processi. Cosa esca adesso non voglio nemmeno saperlo.
Parliamo adesso di Erik Satie.
Erik Satie, sopraffino compositore in alcuni casi minimale, in altri glaciale, in altri sperimentale, le cui atmosfere sono già in partenza Boreali, lo conoscevo: ma approfondii grazie a una mia fidanzata degli anni novanta: era una pianista che si esibiva in concerti a quattro mani con una collega. Siccome io scribacchiavo, l’idea che mi venne era quella di creare uno spettacolo teatro/pianoforte. Quindi iniziai ad approfondire.
Lessi tra le altre cose “Quaderni di un Mammifero”, raccolta di scritti schizzi aforismi di Satie, restandone folgorato. Nacque un testo che s’intitolava “Bugie nient’affatto garantite”, che aveva come protagonisti Satie e Ravel. Il titolo era tratto da Satie: un suo aforisma nel quale scriveva (cito a memoria): “Benché le nostre informazioni siano false, noi non le garantiamo.”
Lo inviai con la sfacciataggine della gioventù perfino a Ornella Volta (la grande studiosa è purtroppo scomparsa da poco, negli stessi giorni nei quali usciva République Boreale...) alla Fondazione Erik Satie.
E lei mi rispose: ma nei molti traslochi ho perso la sua lettera.
Nel frattempo però, sempre in quella full immersion nei mondi del “Buon Maestro di Arcueil”, nasceva il primo nucleo di quel che io avevo intitolato “Miti e leggende Boreali”, che poi diventò “Cronache, Miti e Leggende Boreali” e poi con l’intervento di Franco Forte di Delos infine semplicemente “République Boreale”.
Fin dagli anni ottanta avevo maturato una passione per i mondi dell’estremo nord e la loro cultura, mitologie comprese: e avevo viaggiato fisicamente in tutti i paesi nordici, Islanda compresa.
Negli anni avevo lavorato costantemente all’idea Boreale, nei primi anni 2000 anche con un blog collettivo sulla piattaforma italiana da tempo scomparsa Splinder, alla quale partecipavano brillanti blogger: alcuni dei quali ho perso di vista, altri coi quali sono sempre in contatto, alcuni che mi hanno per motivi noti solo a loro ostracizzato.
Produssi anche una minifanzine cartacea che si chiamò “Cahiers de la République Boreale”.
Non ricordo nemmeno quando come e perché. D qualche parte ne ho ancora una copia. La cercherò.
Solo dopo tanti anni (più di trenta) questo libro ha preso vita, con le illustrazioni originali degli anni novanta di Andrea Cerquiglini (e questa è un’altra storia…) e la copertina di Guglielmo Bonis, prima come ebook su Delos, poi come libro a tiratura limitata supplemento della rivista Night Italia, prodotto ed editato dall’amico fraterno e artista Marco Fioramanti.
E proprio ieri, mentre Marco mi riaccompagnava dopo la firma e “l’apposizione del sigillo” alle copie numerate del libro, conversando, col senno di poi ho compreso l’attrazione verso Satie.
Lui era un musicista eccelso ma era anche un creativo a vasto raggio: scriveva aforismi, disegnava simboli e figure su cartoncini formato biglietto da vista, creava attraverso poche parole e segni mondi immaginari come appunto la République Boréale. Aveva le sue stranezze (sette vestiti di velluto grigio scuro tutti uguali; una collezione di ombrelli sterminata, molti dei quali ritrovati alla sua morte ancora incartati e mai usati).
Io sono un Satie che non ce l’ha fatta: non eccello in niente ma mi arrabatto tra scrittura, fotografia, arte postale, radio, televisione.
E vedrete quando alla mia morte scopriranno la mia collezione di occhiali da sole.
Molti ancora incartati e mai usati.
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